La friseddha salentina condita con pomodori, sale, olio extra vergine d'oliva e origano. |
La cucina tradizionale salentina è umile e povera, ma ricca di sapori e di odori. Esprime, di fatto, la vera Dieta Mediterranea che si caratterizza per una alimentazione composta da cibi naturali. La gastronomia salentina è retaggio di una lunga storia e di antiche tradizioni. Il consumo di alcuni alimenti risale alle usanze pagane e faceva parte di riti propiziatori: le lenticchie non devono mancare nell’ultimo giorno dell’anno; i confetti e la frutta fresca portavano soldi; le uova sode erano auspicio per un nuovo ciclo vitale.
Con l’avvento del cristianesimo, i simboli pagani si trasformarono in tradizioni cristiane. Le sagne ‘ncannulate (tagliatelle ritorte) ricordano i trucioli del falegname San Giuseppe; i capellini conditi con ricotta e pepe nero la sua barba; il digiuno ed il brodetto bianco per il giorno dell’Immacolata sono invece simbolo di purezza. Ma le tradizioni culinarie salentine risentono anche dei molti popoli che hanno dominato il territorio nel corso dei secoli.
La frisa, ciambella di pane biscottato e simbolo del salento, sarebbe stata introdotta nel territorio da Enea quando, in fuga da Troia, sbarcò a Porto Badisco; ciciri (ceci) e tria (parola araba che significa lasagna) si fanno risalire agli arabi al pari della Kopeta (torrone al miele) e ai dolcetti di pasta di mandorle delle Monache Benedettine.
La ricetta che sintetizza il modello mediterraneo è certamente la "pasta e fagioli", tipica alimentazione contadina dei tempi passati. Non a caso i legumi sono sempre stati definiti "la carne dei poveri".